20 settembre 1958: la chiusura delle cosiddette case chiuse

Il 20 settembre viene ricordato a scuola come la data della breccia di Porta Pia del 1870. Meno nota, e non certo ricordata a scuola, è però un’altra vicenda che accadde nella stessa data, nel 1958, e che cambiò ugualmente la vita degli italiani.

Un giorno prima, il 19 settembre, nelle case chiuse italiane c’era stato infatti il tutto esaurito, pareva che tutti gli uomini si fossero dati convegno in quei luoghi peccaminosi. Perché mai? Perché a mezzanotte esatta avrebbero chiuso i battenti. Il 20 settembre è infatti il giorno in cui entrò in vigore la legge Merlin, ovvero l’abolizione delle case chiuse. Proposta dalla senatrice Lina Merlin, ex partigiana, era stata approvata sette mesi prima dopo un sacco di polemiche mai placate. Tanto che ancora c’è chi ne invoca la riapertura adducendo un sacco di motivazioni diverse, dalla tassazione che potrerebbe alle casse dello Stato un buon introito, alla necessità di placare gli animi di uomini soli, che invece potrebbero commettere violenze. Ultimamente un dettagliato servizio di Riccardo Iacona per la tramissione di Raitre Presa Diretta ha già fatto un po’ di chiarezza sulle leggende metropolitane che vogliono le case chiuse tedesche come simbolo di civiltà. Marie Claire ha invece rintracciato e interpellato Sante, una donna italiana che qualche anno fa ha lavorato in un bordello in Germania e che ha lasciato queste strutture prima di marchiare definitivamente la sua personalità. Oggi è sposata con un uomo che sa del suo passato, ma che non ne fa un problema, e vuole smentire ulteriormente una serie di luoghi comuni. Che quelli favorevoli alla riapertura delle case chiuse in Italia dovrebbero leggere attentamente.

Quali sono i motivi per cui una donna decide di lavorare in questi posti? “Libera scelta”? “Diritto di farlo”? “Un lavoro come un altro”? L’espressione “case chiuse” non è del tutto esatta. Quelle tedesche non sono le “case chiuse” di fascista memoria. Sono grandi edifici con moltissime camere, come un hotel, che si aprono su corridoi. Questi centri hanno anche una zona gastronomia e una zona relax. Infatti vengono pubblicizzati non come bordelli, ma come “fkk, centri di benessere” e altri eufemismi. Le sex worker non sono “prigioniere”, possono uscirne quando vogliono. Ma dimentichiamoci in questo contesto le espressioni “felici, contente soddisfatte”. Non si tratta di esserlo, si tratta di guadagnare soldi.

Di Debora Attanasio

(Fonte: http://www.marieclaire.it/Attualita/news-appuntamenti/legge-merlin-case-chiuse)

 

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