La ragazza nel fiume, il documentario che vendica i delitti d’onore

“Che vinca o meno, la nomination agli Oscar con il maggior impatto – nel salvare la vita di migliaia di ragazze – potrebbe essere quella di cui non avete mai sentito parlare” scrive Nicholas Kristof sul New York Times. Il due volte premio Pulitzer parla del documentario “A Girl in the River: The Price of Forgiveness”, la vicenda della diciannovenne pakistana Saba Qaiser sopravvissuta miracolosamente al tentativo di delitto d’onore da parte del padre e dello zio, auto-nominatisi giustizieri per mondare l’onta del di lei proibito amore.

La storia di Saba è quella di un’esercito di giovani donne costrette al tracciato obbligato destinato loro dalle famiglie nel Pakistan che detiene il triste primato di 1000 delitti d’onore l’anno, quasi tutti impuniti. Il calvario di Saba inizia quando s’innamora di un ragazzo che non coincide con quello scelto dal genitore-padrone e fugge per sposarlo in clandestinità. Braccata dal padre e dallo zio, viene “catturata” e condotta sulle sponde remote di un fiume per essere massacrata di botte e annegata. Il rito non risparmia ferocia: colpi e calci perché la vittima soffra a sufficienza prima della esiziale revolverata alla testa. Poi il corpo della giovane donna viene chiuso in un sacco e gettato in acqua per ripulire l’onore infangato del nome Qaiser e ricominciare a petto gonfio. Saba però non è morta, ha perso coscienza ma è viva, riprende i sensi, nuota fino a terra e chiama aiuto.

 

Kristof ha ragione, “A Girl in the River”, diretto da Sharmeen Obaid-Chinoy, va diffuso in tutti i modi possibili indipendentemente dalla notorietà che otterrà dalla notte degli Oscar. E non solo perchè ogni 90 minuti in un dimenticato villaggio iper-conservatore (spesso musulmano) un padre uccide la figlia “disonorata” o perchè questa usanza tribale è l’altra faccia di molte guerre, ma perché quella barbarie apparentemente cacciata dalla porta principale della Storia (almeno di quella dell’occidente) sta rientrando dalla finestra. Il delitto d’onore (la cui depenalizzazione è stata cancellata in Italia nel 1981, ossia ieri) sta rifacendo la sua comparsa tra le comunità di migranti in Germania ma anche negli Stati Uniti mentre resta la regola in molti angoli della più grande democrazia del mondo, alias l’India.

Un primo successo Saba l’ha ottenuto: il documentario di cui è protagonista è stato citato dal premier pakistano Nawaz Sharif insieme alla promesse di fare di più, molto di più. Il padre e lo zio di Saba sono stati arrestati (lei li aveva denunciati) ma la loro difesa (“hanno fatto quanto era giusto fare perché erano stati disonorati”) è uno spaccato del retroterra culturale (i due imputati hanno spiegato che “basta una goccia di pipì per contaminare una tanica di latte”).

(Fonte: La Stampa)

 

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